CIVITA: un pò di storia
La città che muore
Città di origine etrusca,sorge sulla via principale che collegava il fiume Tevere con il lago di Bolsena. E proprio grazie alla sua favorevole posizione Civita ebbe l’opportunità di crescere commercialmente divenendo uno dei centri di riferimento nella zona. Alla città si accedeva da 5 porte, oggi non più esistenti, ad eccezione della Porta di Santa Maria, o Porta della Cava, che costituisce l’unica via d’ingresso al borgo.
Molte sono le tracce lasciate dalla civiltà etrusca nella zona di Civita; dalla piccola necropoli inglobata nella rupe sotto il belvedere di San Francesco; alla grotta di San Bonaventura, anch’essa una tomba di origine etrusca, dove la leggenda narra che San Francesco d’Assisi guarì il piccolo Giovanni Fidanza ovvero colui che, divenne cardinale con il nome di Bonaventura da Bagnoregio e che in seguito verrà riconosciuto Santo dalla Chiesa.
Altro elemento evidentemente etrusco è il “Bucaione”, un tunnel molto profondo nelle viscere della rupe che dalla valle sottostante permette l’accesso all’interno di Civita; ed infine le molte tombe a camera, scavate all’interno del masso tufaceo, che purtroppo sono state in gran parte distrutte dalle innumerevoli frane che hanno colpito il paese. E proprio per limitare i danni provocati dai processi di erosione del terreno e dai frequenti terremoti gli etruschi avviarono una serie di opere di canalizzazione e di contenimento delle acque piovane, poi proseguite e perfezionate dai romani che giunsero da queste parti intorno al 265 a.C.
Fino all’inizio del XI secolo, Civita e l’adiacente Bagnoregio furono parte di una stessa città, chiamata “Balneum Regis”, dal latino “il Bagno del Re”. Una leggenda racconta infatti, che a darle questo nome fu Desiderio, re dei Longobardi, i quali avevano invaso ed occupato i territori dell’Etruria intorno al 756. Il re era molto malato e sembra che guarì improvvisamente dopo essersi immerso nelle acque termali presenti nella città. Da qui deriva il nome della città di Bagnoregio.
Il dominio longobardo finì nel 774 quando Carlo Magno riportò l’area sotto il controllo dello Stato Pontificio; ma il rapporto tra la città e la Chiesa non fu mai facile. Gli stessi Monaldeschi, una delle famiglie più potenti di Orvieto, di fede guelfa, tentò più volte di estendere la propria influenza sulla città per preservarla dalle tentazione fornita dalla presenza di importanti fazioni ghibelline a Viterbo, senza riuscirci mai pienamente. In realtà i rapporti con Orvieto segnarono l’intera storia medioevale di Bagnoregio. Verso la metà del XXII la città si costituisce libero comune, ma nel 1186 Enrico IV, figlio di Federico Barbarossa la occupò, come avamposto per la conquista di Orvieto.
Nel 1695 dopo un grave terremoto iniziò il declino della città; il sisma aveva provocato danni tali alle case, agli edifici e soprattutto alle strade, tanto da costringere gli abitanti ad abbandonarla. Il susseguirsi negli anni avvenire, di ulteriori terremoti e frane sancì il graduale, ma definitivo abbandono della città e l’inizio della “favola del paese che muore”.